Forse la figura umana può impreziosire qualsiasi elemento

o è la natura stessa ad essere preziosa

DarMa

MIA PHOTO FAIR_MILANO

natural connections

natural connections_ pumpkin

The present project aims at investigating primitive and misterious connections through esthetical and emotional tools. This mission leads to images on the border between the monolithic and the ethereal spreading from a conceptual and figurative vortex. The observer dives in a dimension where mankind rediscovers his biological origin, and, vice versa, the natural element reveals how each fruit and flower holds the marvelous enigma of existence. It may seem that two worlds are colliding, whereas eventually they merge with each other: juxtaposition multiplies the number of possible perceptions. There is nothing left now to tell from human to vegetable, the connection that bounds both of them so deeply is brought in plain sight.

What we see is the subjects’ back: the structure that sustains our whole body, and yet something which very rarely is portrayed. We start enquiring about human nature, but our research soon develops into a string of questions about our dark sides and what nature can still teach us about ourselves. 

Another kind of connection emerges from the stylistic choices: the use of color and materials reveal an unexpected merging between photography and painting.

In fact, the operas are refined with digital brush strokes, printed on canvas and framed in vintage supports.

Questo progetto si propone di indagare tramite strumenti estetici ed emozionali connessioni primitive e misteriose.

Tale missione conduce ad un vortice concettuale e figurativo dal quale sgorgano immagini tra il monolitico e l’etereo, al confine tra la consistenza concreta della terra e l’impalpabile essenza delle idee. 

L’osservatore si immerge così in una dimensione in cui l’Uomo riscopre la sua origine biologica, ed etimologica (uomo dal latino hummus, terra), e, viceversa, l’elemento naturale rivela come ogni frutto e fiore racchiuda il meraviglioso enigma dell’esistenza. 

La fusione tra i due mondi non avviene tramite un processo magico come la metamorfosi che trasforma Diana in una pianta d’alloro, bensì con un semplice accostamento che, però, provoca un effetto ancor più straniante, una sorta di amplificazione percettiva, come in un gioco di specchi. 

L’abituale distinzione tra vegetale e umano si squarcia, lasciando intravedere la connessione che li unisce profondamente, con la forza titanica e impercettibile della marea. 

Per questo i soggetti vengono ritratti di schiena: questa parte del corpo così fondamentale, che sorregge l’intera struttura e che, tuttavia, non ci è dato vedere direttamente. L’indagine si propaga al rapporto dell’uomo con se stesso, alla sua parte oscura, con l’elemento naturale come strumento conoscitivo. 

Anche nelle scelte stilistiche emerge un’ambivalenza tesa a mostrare un’intima connessione tra due modalità espressive. Se l’uso del colore evoca le prime fotografie dipinte a mano direttamente sul negativo, qui avviene l’esatto opposto: la pennellata digitale si insinua nell’immagine in bianco e nero riscoprendo le tonalità originali dell’immagine, con varietà di tratteggi, netti o sfumati, precisi o soltanto abbozzati.

Ma il rimando al mondo pittorico risiede anche nei materiali utilizzati: le opere sono infatti stampate su tela e racchiuse in cornici d’epoca ideate per dipinti. 

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